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Il braccialetto di pizzo 3.0


Si, forse non era quello che volevi, di certo io non lo volevo, non lo cercavo. Come avrei potuto ?
Eppure e’ successo, quasi che una forza estranea ci volesse usare come strumenti di un suo disegno per noi sconosciuto.
Non era il luogo, il tempo, perche’ succedesse e niente poteva farcelo immaginare. Ma e’ successo, inevitabilmente.
Un uomo, una donna, una piazza assolata della tua citta’ o almeno non della mia, il pomeriggio inoltrato di una giornata affannata e pesante nella quale mille pensieri mi affollavano la mente ed il mio cuore taceva, non era il suo tempo per parlare.
Non ti ho vista arrivare, forse ti ho guardata ma le immagini degli occhi non arrivavano alla mente troppo immersa in altri pensieri, il lavoro, la discussione aspra appena affrontata con i collaboratori, la difficolta’ di far capire loro quanto la mia posizione fosse davvero innovativa e potente. No, mi trovavo davanti occhi nei quali la luce dell’intelligenza e della creativita’ si era ormai spenta in anni passati a contare solo denaro, non gioia, non sogni, persone abituate a misurare il bello solo con quanto costava. Gente che affida la propria immortalita’ solo agli spermatozoi.
Ho sentito solo il leggero fruscio della tua gonna mentre ti sedevi al mio fianco in quella panchina solitaria circondata da un fazzoletto di verde, unico baluardo all’infuriare del traffico chiassoso e nevrotico della piazza.
Un rumore cosi’ tenue ha sovrastato il muggire dei bisonti di ferro lanciati alla carica e questo gia’ mi doveva mettere in guardia.
Ma l’ho sentito distintamente e mi sono girato a guardarti sorpreso, come se la mia indifferenza fosse stata una colpa, come risvegliato di colpo da un sogno, da un brutto sogno.
Non eri appoggiata allo schienale ma semplicemente seduta a gambe strette e le mani in grembo, giovane, stupendamente giovane e’ cio’ che ho pensato subito. E poi mi ha colpito il tuo sguardo timido come se volessi farti perdonare l’intrusione, la maleducata invadenza che avevi commesso nei miei confronti. ma c’era anche un accenno di sorriso sulle tue labbra come per chiedermi scusa ed io ti ho ringraziata nello stesso modo, anch’io timidamente.
Hai capito che ti avevo perdonata e ti sei lasciata andare appoggiando la schiena e lasciando che le tue mani si sciogliessero dall’intreccio nervoso di prima. E mi sembrava di sentire il tuo respiro diventare piu’ lento, profondo, come il mio del resto. Non ci guardavamo ma ognuno sentiva la presenza rassicurante dell’altro, io la avvertivo addosso quasi come un calore dolce e avvolgente.
Sapevo che c’eri anche se non ti vedevo, mi piaceva pensarti, sentirti al mio fianco. Ho cercato di tornare ai miei pensieri ma non c’erano piu’, anzi no, c’erano ancora ma adesso mi sembravano cosi’ lontani, piccoli, meschini, tu li sovrastavi e li cacciavi via, lentamente sentivo la tua presenza avvolgermi, penetrarmi ed era una sensazione dolce, tenera ed inebriante insieme. Ti ho spiata per timore che ti fossi volatilizzata ma invece ho incrociato il tuo sguardo adesso sorridente, mi sei sembrata bellissima, questo ho pensato subito ma non saprei dirtene i motivi.
Non ricordo se eri bionda o altro, mi sembra che tu fossi vestita molto semplicemente, gonna, camicetta ma non saprei dirne la foggia o i colori. No, un braccialetto, questo lo ricordo distintamente, un piccolo bracciale di pizzo o forse solo stoffa color azzurro. Ma chiudendo gli occhi ti sentivo distintamente al mio fianco e stavo bene insieme a te.
Avrei voluto che non te ne andassi piu’ anzi che tu mi fossi stata vicina da sempre per donarmi tanta serenita’ e tenerezza.
Mi sono chiesto se ero pazzo, se questo uragano di sensazioni fosse il preludio alla follia, ma come poteva una sconosciuta che casualmente si e’ seduta sulla mia stessa panchina per riposarsi un attimo, scatenarmi dentro queste emozioni cosi’ forti e nitide ? Non avevo risposta ma non mi serviva, mi bastava essere felice, finalmente senza alcuna ragione logica, felice e basta con te.
Ti ho guardata di nuovo ma tu fissavi un punto lontano davanti a te immersa nei pensieri come se io non esistessi ed ho pensato che certamente era proprio cosi’, che dovevo smetterla di elucubrare fantasie assurde su un evento tanto banale, sono pazzo, ho pensato.
Ma il piacere che provavo era troppo forte mi ci sono abbandonato senza ritegno, anch’io adesso fissavo lo stesso punto lontano che calamitava la tua attenzione, quasi per creare un contatto tra di noi all’infinito. Magia, follia, forse entrambe ma l’Entita’ misteriosa che ci univa cosi’ strettamente forse veniva proprio da dove stavamo guardando, da oltre questo mondo.
Saranno passati minuti, non certo ore anche se per me le sono state, eravamo seduti fianco a fianco senza guardarci e senza parlare guardando lontano, persi nel piacere di essere insieme, quando ho sentito la tua mano morbida e leggera accarezzare la mia e stringerla per un attimo, il cuore mi ha sobbalzato in petto ed ero incapace di controllare l’emozione improvvisa di quel contatto, poi di colpo piu’ nulla.
Mi sono girato a guardarti ed avevi di nuovo le mani in grembo strette a pugno, nervosamente, ma quello che mi ha colpito erano le tue guance solcate di lacrime, eri immobile, rigida e silenziosa come prima.
Ho cercato un fazzoletto di carta nella borsa e te lo ho offerto, me lo hai quasi rubato di mano e ti sei coperta gli occhi.
— Mi scusi…..mi scusi…. non volevo.
— Non c’e nulla di cui scusarsi, mi addolora vederla cosi’ triste.
Mi hai guardata con gli occhi gonfi di lacrime, scuri e profondi.
— Non ce la faccio piu’, non ce la faccio piu’.
Le parole erano ormai quasi un sussurro difficile da distinguere nel rumore del traffico e poi ho visto il tuo petto sussultare dai sighiozzi.
Sono stato io adesso a prenderti la mano bagnata di lacrime e la tua stretta era forte come alla ricerca di un appiglio per non cadere..
— Vengo da un colloquio di lavoro ma….niente… non mi hanno dato speranze. nessuno ha lavoro da offrire per i giovani.
Parlando la tua voce era diventata piu’ forte, ti faceva bene parlare, hai quasi tentato un timido sorriso.
— Da otto mesi ho perso il lavoro e riesco solo a fare qualche cosa saltuariamente, sfuttata e malpagata. Eppure ho un diploma, farei qualunque cosa pur di lavorare. Anche il mio ragazzo non guadagna e tutti i nostri progetti sono in fumo.
Non so che dire, riesco solo a stringerti la mano e cercare di comunicarti un po’ di coraggio, ogni parola sarebbe falsa e stupida.
— Pensi che volevamo affittarci un appartamentino solo per noi e andarci a vivere ma adesso……… ci mantengono i nostri genitori e non sappiamo sino a quando ci riusciranno. Non c’e’ futuro per noi. Ed e’ lo stesso per tanti come noi.
Di colpo tutti i miei pensieri di prima sembrano venire da un altro mondo nel quale la felicita’ delle persone non conta nulla, importa solo il profitto, il business, il mercato, il disumano mercato, il maledetto mercato.
— Mi dispiace, avremmo voluto costruire per voi un mondo piu’ umano, piu’ giusto nel quale fosse possibile vivere ed essere felici. Non pensi che non ci abbiamo provato negli anni in cui ancora sembrava possibile, ci abbiamo creduto ma…….. questo e’ il risultato.
— No, che colpa ha lei di questo mondo spietato che ci toglie la voglia di vivere, lei e’ cosi’ a modo. No, sono gli altri a farci del male.
— Cara ragazza, lei imparera’ che invece sono proprio i docili e gli indifferenti quelli che lasciano campo libero agli spietati. Non mi ritengo assolto
per come e’ andato il mondo.
Forse era stupore quello che ti ho letto negli occhi che ormai si erano asciugati, occhi belli, vivi, determinati.
Ti sei alzata di scatto come presa da un pensiero improvviso
— Si, forse ha ragione davvero, sperare e piangersi addosso non serve a nulla. Ce la caveremo, vedra’. Grazie per il fazzoletto.
Rapida come eri arrivata ti ho vista scomparire oltre l’aiuola.
Ero di nuovo solo sulla panchina ma non riuscivo piu’ a ricordarmi a che cosa stavo pensando prima, niente di importante, niente di utile per nessuno.
Se questi sono i risultati allora la mia generazione ha perso.
Ma forse la prossima vincera’.

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